Spesso il male di vivere ho incontrato ...
di Eugenio Montale
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Questa poesia è strutturata in due parti, nella prima quartina il poeta esprime la realtà sperimentata nella sua vita, "il male di vivere"; nella seconda metà il limitato "bene" che ha avuto modo di conoscere, cioè una via di scampo trovata nell'Indifferenza.
Il poeta dice di aver incontrato nella propria esistenza soltanto dolore che si abbatte indifferentemente su animali e cose, male che non fa vivere, rappresentato dalle figure del ruscello, della foglia, del cavallo. Se "il vivere stesso è male", non esistono soluzioni per combatterlo. La statua, la nuvola e il falco svelano un "miracolo" legato alla divina indifferenza perché slegano l'uomo dai vincoli del tempo, in un "attimo estatico" che ci allontana per un momento dalla realtà delle cose.